L’icona
“NON SI E’ GIRATA DALL’ALTRA PARTE”
Sono troppo giovane per aver conosciuto la Shoah.
Sono troppo giovane per aver conosciuto suor Benedetta.
Ma non sono troppo giovane per conoscere le ingiustizie che oggi come ieri si perpetuano nella realtà.
Non sono troppo giovane per emozionarmi, per stupirmi, per gioire e commuovermi davanti ai Giusti.
Davanti alla bella storia di una giusta.
In questi mesi Sara Cividalli ha avuto la pazienza di prendermi per mano e condurmi dentro una verità ed una realtà grande ed a me sconosciuta e, una delle prime espressioni utilizzata parlando di suor Benedetta è stata “non si è girata dall’altra parte”.
Di suor Benedetta conosciamo poco, ma forse è sufficiente questo: non si è girata dall’altra parte.
Perché donna forte e decisa? Non ne siamo certe.
Perché consapevolmente tenace? Non ci è dato di saperlo.
Perché capace di amore semplice e concreto, anche se sgrammaticato e ben confuso? Sì!
Se il tuo cuore è aperto, riesci ad aprire la tua casa, la tua vita.
Se la tua anima è aperta riesci a comprendere che la tua vita e la vita di altri fratelli e sorelle hanno lo stesso valore, peso e forma.
Non riesco ad immaginarla dubbiosa, tesa, spazientita. Sì con un filo di preoccupazione sì, ma più grande il sorriso, il calore e il pensiero già rivolto alla ricerca di un luogo sicuro.
Ieri come oggi, come domani.
In questi mesi spesso ho cercato di immaginare suor Germana, la suora portinaia, in cerca di Suor Benedetta per dirle: “Suor Benedetta ci sono persone che la cercano, li ho fatti entrare, ma non ho capito cosa chiedono”.
Un volto che non si gira dall’altra parte.
Uno sguardo che non sfugge.
Un cuore aperto, un amore tenace, un luogo sicuro e tempo, tempo condiviso insieme, vita condivisa Questa è la giustizia di suor Benedetta ieri. Questa la strada segnata per noi oggi. Guardiamo negli occhi chi bussa alla nostra porta con la sofferenza della sua vita. Mi sono chiesta poi cosa deve aver spinto suor Benedetta e la fraternità delle sorelle a far spazio nella casa. Come è riuscita a sostenere l’interrogatorio dei soldati tedeschi, a rimane in casa durante gli allarmi per i bombardamenti: casa che le suore non volevano lasciare perché c’erano persone di cui prendersi cura.
Come è riuscita a trovare sostentamento in tempi così drammatici? Una suora oramai anziana, alla fine della sua seconda guerra mondiale, con così pochi strumenti e risorse, cosa poteva avere di giusto, di diverso e di differente?
La risposta l’ho trovata, a Gerusalemme, negli occhi del professore Sergio Della Pergola mentre raccontava come è stato salvato. I suoi occhi, velati di lacrime trattenute a stento che ancora dicono gratitudine per una persona mai incontrata ma che gli ha dato la possibilità di vivere, di avere figli e nipoti.
Gli stessi occhi pieni di luce di gratitudine e velati di lacrime di commozione visti in Sara Cividalli, figlia di una salvata Miranda Servi, consapevole che senza il semplice ed umile scantinato delle suore non sarebbe nata lei ed ora non potrebbe giocare con il nipotino.
Il valore dei giusti è allora da cercare nella vita dei salvati.
I gesti giusti si riconoscono dalla vita che generano.
Il potere può generare ordine, organizzazione, perfezione, efficienza ma allontana dalla vita,
dalla vita che si incontra nel guardarsi negli occhi, nell’ascoltare il respiro, nello stringere le mani dell’altro percependone il calore.
Un giusto è capace di accorciare le distanze, di eliminare spazi di separazione, indici di categoria, sensi di appartenenza.
Un giusto non si gira dall’altra parte perché sa che alla porta ha bussato un fratello.
Comunque e nonostante tutto, sempre un fratello.
Il Giusto ama la vita degli altri più della sua.
sr Daniela